domenica 8 gennaio 2017

Proprio in fondo


Battesimo di Gesù, icona del X sec.

Il fiume Giordano. Il luogo più basso della terra. Dove coloro che riconoscono la propria fragilità e debolezza vanno a immergersi per essere risollevati dalla speranza che Dio è vicino. E infatti anche Gesù, uomo di Nazaret, sconosciuto al popolo del Giordano, manifesta l’intenzione di scendere e ne spiega il motivo al Battista: “Conviene che adempiamo ogni giustizia”. La giustizia di Dio si manifesta nel suo scendere là dove è l’umanità fragile, debole, segnata dalla morte fisica e morale, ferita dall’ingiustizia, dalla divisione, dall’odio. Là l’uomo Gesù, uno qualunque per tutti, ma non per Giovanni, sceglie di scendere, perché la giustizia di Dio ha carne in lui. E la giustizia di Dio è comunione, partecipazione, condivisione, solidarietà, amore. E va ad offrire tutto questo, anzitutto, a chi ne sente fame e sete, a chi fa l’esperienza del battesimo nel Giordano, per esprimere la consapevolezza di non bastare a se stesso; a chi cerca disperatamente un senso a tutto ciò che sembra non avere senso, un senso ad una vita che spesso sa di fiele e sembra negare ogni speranza.
Gesù scende nel Giordano per vincere il potere del diavolo, dice Pietro negli Atti degli Apostoli. Sì, il diavolo lavora per annegarci, per toglierci ogni amore e ogni speranza, per dividerci e sprofondarci in una solitudine mortale. Là in fondo, dove rischiamo di annegare nella morte, Gesù scende per offrirci l’esperienza della rinascita: come un neonato esce dalle acque vivificanti della madre terra, come era uscito dalle acque del seno di sua madre. E poiché è sceso per amore dove vivono i suoi fratelli e le sue sorelle in umanità, poiché non si vergogna di loro e della loro fragilità e del loro dolore e del loro peccato, sulla sua umanità scende lo Spirito, la tenerezza amante del Padre. Poiché ha scelto la più radicale comunione con l’umanità, ritrova – l’uomo Gesù – la più assoluta comunione d’amore Trinitaria. Ma il Padre di ogni giustizia non offre la sua carezza solo al Figlio amato. La offre anche a noi, facendocelo conoscere. Presenta e offre a noi il Figlio della sua gioia. Il Figlio suo che è anche Figlio dell’umanità è la nostra speranza. Colui che è la gioia del Padre è anche la nostra gioia. È sceso dove noi siamo per essere con noi per sempre. Condivide la nostra fragilità, per condividere con noi la sua vita. E la nostra vita trova senso anche in mezzo a tanti segni di morte, dove possiamo vivere la solidarietà e l’amore. La comunione con l’umanità e con Dio.

In questa festa del Battesimo di Gesù si conclude il tempo di Natale, che è il tempo in cui celebriamo la gioia di Dio che sceglie di amarci fino in fondo. E ricominciamo a sperimentare la nostra gioia di imparare ad amare.

venerdì 6 gennaio 2017

Nessuno escluso dalla Luce

ANTONIO BALESTRA, Adorazione dei magi

Solennità dell'Epifania
Is 60,1-6
Sl 71
Ef 3,2-3.5-6
Mt 2,1-12

Davanti ai grandi della terra e anche nelle nostre società, sono tanti gli esclusi: i poveri, i piccoli, i vecchi, i malati, gli immigrati…
Quelli che, invece, il Vangelo recupera. Quelli verso i quali pare che lo sguardo e le attenzioni di Dio si posino per primi. Ma credo che commettiamo un grande errore quando arriviamo a pensare che Dio escluda o emargini quelli che nella nostra società sono i privilegiati, gli emergenti. Ad ascoltare con attenzione il Vangelo, ci si accorge che Dio non esclude nessuno, non emargina e non rifiuta nessuno. Solo gli uomini possono emarginare e rifiutare Dio, ma non si dà il contrario. Però ci capita di applicare a Dio i nostri stessi atteggiamenti, le nostre reazioni e scelte. Noi siamo gente di parte: di solito stiamo con i ricchi e i potenti. Se poi ci capita una crisi di coscienza, è facile che stiamo con i poveri e gli emarginati e rifiutiamo i ricchi e i potenti. E pensiamo che Dio faccia lo stesso. Ma, sorprendentemente, il Vangelo ci dice che non è così.
Certo, dopo gli sconosciuti Maria e Giuseppe di Nazaret, i primi che Dio cerca per offrire la gioia della nascita di suo Figlio, il Bambino nella mangiatoia salvezza del suo popolo, sono gli emarginati e sconosciuti pastori. Per loro Dio scomoda le schiere celesti.
Ma nella festa di oggi, il Vangelo ci rivela che anche al re Erode Dio fa conoscere il meraviglioso evento, già annunciato dalle Scritture ebraiche: anche Erode il Grande, uccisore dei suoi stessi figli, è cercato e atteso dal Figlio di Dio, dal Re del cielo. E per lui Dio scomoda personaggi che probabilmente hanno uno status sociale elevato. Non sarebbero stati ricevuti altrimenti. Anche se la tradizione ci dice che erano tre e ci fa conoscere i loro nomi, il Vangelo non è interessato a questi particolari. Sono “alcuni Magi” che vengono dall’Oriente. «Mago denota un appartenente alla casta sacerdotale di Persia. Più tardi, nell’ellenismo, designa teologi, filosofi e scienziati orientali… Non sono dei “maghi”, ma dei sapienti che seguono le indicazioni della stella. Guardare le stelle, stupirsi davanti all’immensità del cielo e cercare di comprenderlo, scrutarne il ritmo e l’armonia, è l’inizio del sapere umano… I magi non si accontentano di osservare le stelle nel loro apparire, permanere e scomparire: per loro la scienza non è solo l’osservazione di ciò che è, ma anche il chiedersi che cosa significa» (FAUSTI S., Una comunità legge il Vangelo di Matteo I, EDB 1998).
E questi misteriosi personaggi, così lontani geograficamente e culturalmente e religiosamente da Israele, hanno saputo trovare nella loro stessa scienza la capacità di leggere una Parola e un Significato infinitamente più misteriosi e luminosi della nascita e del cammino di una stella. Che strano: scienziati che cercano Gesù Bambino. Nella nostra società religiosamente emotiva e atea, siamo convinti che gli scienziati non dovrebbero avere a che fare con certe cose che riguardano la religione. Altrimenti non sono scienziati. Certo, probabilmente la scienza non ha molto a che fare con la religione…. ma con la fede?
Vengono dall’Oriente questi magi, da dove sorge il sole, da dove nasce la luce. E seguono una stella. Sono personaggi strettamente imparentati con la Luce. Ma, come tutti noi, vivono in un mondo troppo vittima delle tenebre e nella loro stessa corsa di discepoli della Luce, si scontrano con le tenebre: quel re Erode, talmente imparentato con le tenebre, da avere terrore della luce. Ma neppure le tragiche tenebre di Erode possono fermarli. La gioia che sgorga dal loro amore per la ricerca della Luce è inarrestabile e più forte di ogni ostacolo, di ogni ipocrisia e di ogni inganno. Sono scienziati. Veri. Cioè umili: non credono di poter bastare a loro stessi, nonostante le loro alte conoscenze, e si rivolgono a Erode e ai suoi scienziati. Purtroppo anche gli scienziati veri qualche volta commettono errori di valutazione: alla corte di Erode non ci sono scienziati, ma solo acculturati; sanno a memoria le Scritture di Israele, ma non le comprendono. Quando lo studio è a servizio del potere, difficilmente diventa scienza e non può avvicinarsi alla Verità.
Sono scienziati, i Magi. Scienziati veri. Cioè aperti alla Verità. Non cercano conferme alle loro precomprensioni o sostegni al loro potere, ma cercano la sorprendente Verità, in qualunque forma si manifesti, dovunque si nasconda. E possono così riconoscerla anche nella semplicità di uno sconosciuto bambino tra le braccia di sua madre. Vera epifania. Sono scienziati. Veri. Cioè capaci di amare e incontrare l’umanità, i popoli, le culture e di scoprire in essi la Luce di Dio. Sono uomini di Pace. Non hanno bisogno di creare religioni e combattere per difenderle. E neanche devono difendere le loro conquiste e il loro potere. Non hanno paura di perderli, come Erode. Solo chi è interiormente povero può cercare la Verità, unica ricchezza. Cercano la Verità, i Magi che vengono da lontano. È lungo il cammino verso la Luce, per tutti. Esige amore e fedeltà. Fatica e perseveranza. Ma nella Verità, la loro scienza sposa indissolubilmente la fede. E sono colmi di gioia.
«La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso» (GIOVANNI PAOLO II, Fides et ratio).