domenica 25 novembre 2018

Attenzione alla luce


DUCCIO DI BUONINSEGNA, Cristo davanti a Pilato

Solennità di Cristo Re dell'universo
Dn 7,13-14
Sl 92
Ap 1,5-8
Gv 18,33-37

A volte conviene, specie a una certa età, farsi le foto non in piena luce. Altrimenti si notano troppo i difetti... nonostante il trucco. Tutti abbiamo paura del buio, ma forse ne abbiamo anche della luce. Ci sentiamo più tranquilli in penombra. Riusciamo meglio a mimetizzarci, anche davanti a noi stessi.
La penombra è la condizione in cui le maschere possono sembrare... naturali.
Anche Pilato, trovatosi suo malgrado nella circostanza di dover decidere della sorte di un poveraccio incorso nella gelosia dei potenti sacerdoti d'Israele, collusi con il potere di Roma, indossa come naturali le insegne del potere e la faccia del giudice. Ma stavolta anche lui, Pilato, pare subire un disagio: quel giudicato che non grida, non si difende, non chiede pietà... pare che si illuda di poter scambiare i ruoli. Forse è solo un povero pazzo, neanche pericoloso. O forse hanno ragione i capi dei sacerdoti: troppo pericoloso. 
Come la luce. 
La luce è vita. La luce testimonia la verità, fa venire allo scoperto tutte le nostre morti, i nostri angoli tenebrosi, per vincerli. Se non ci nascondiamo. Come Pilato. 
In mezzo alle tenebre della gelosia, dell'odio e dell'ingiustizia violenta, alla morte che è il fallimento del bene operato solo per amore, Gesù di Nazaret, giudicato da quella moribonda umanità che vuole salvare, non ha paura, non si nasconde dietro a discorsi demagogici o diplomatici. E' il testimone della verità. E' questo il senso di tutta la sua esistenza.
Il testimone della verità di se stesso. Ma anche della mia verità. Se posso accoglierla. Se non la temo. Se non mi nascondo.
In mezzo alle tenebre della menzogna, egli è il Cristo, il messaggero della verità; è il Re, il testimone della verità, che è l'amore. E' il Re a servizio della vita dell'umanità. Per questo è arrestato, umiliato, torturato. 
Davanti a lui, sottoposto a giudizio, devo scegliere se e come rispondere alla sua domanda: "Lo dici da te stesso che io sono re?". La mia risposta è un giudizio su di lui. E su di me.
Davanti a lui, ogni giorno, se non temo la sua luce che uccide e dà vita, saprò chi sono. E verrò alla vita, ogni giorno.
Pilato ha scelto la morte del non sapere.



domenica 11 novembre 2018

Scriteriate


RUPNIK M., Elia e la vedova di Sarepta

XXXII domenica T.O.

1 Re, 17, 10-16
Sl 145
Eb 9, 24-28
Mc 12, 38-44

A volte la Parola di Dio contraddice prepotentemente i nostri pensieri, il nostro buon senso, i nostri criteri di vita pur buoni e onesti.
Certamente va colto il messaggio profondo di una Parola che ci viene offerta come impastata in culture e situazioni storiche estremamente lontane da noi; è poi quel messaggio profondo che va incarnato nella cultura e nella storia che viviamo. Ma comunque la prendiamo, la Parola di oggi ci mette a disagio.
Ci vengono proposte come modello due vedove ridotte in miseria. Al tempo di Elia, durante la siccità, e al tempo di Gesù, come faceva una vedova a non ridursi in miseria?
Quei pochi spiccioli che poteva raggranellare magari spigolando o filando doveva contarli e ricontarli prima di spenderli per mangiare. E quella povera donna di Sarepta, non avendo più che un pugno di farina e un goccio di olio, si era rassegnata a morire con suo figlio. Una pagana. Forse aveva pregato tutti i suoi dei, ma non aveva trovato soccorso.
Un giorno, però, il soccorso arriva... ma nella persona di uno più povero di lei, che proprio a lei chiede da mangiare. No, non sono i suoi dei a mandarle un aiuto, ma il Dio di Israele, di cui lei, forse, non sa nulla. Sarà la disperazione che induce quella donna a credere alle parole di Elia? Comunque, quello che fa ci appare come una follia. Ma agli occhi del Dio di Israele, alla cui presenza Elia sta, quella follia è fede. Una fede che ha il profumo della carità. Messe insieme, queste due virtù, fanno una miscela ... scriteriata ... ma esplosiva. 
Fanno esplodere la provvidenza di Dio. Toccano il suo cuore.



L'offerta della vedova povera, S. Apollinare Nuovo, Ravenna

L'altra vedova è contemporanea di Gesù e un giorno incontra il Maestro nella sala del tesoro del tempio di Gerusalemme. Lei neanche se ne accorge. Quante volte non ci accorgiamo della presenza di Dio nella nostra vita! Ma a lui non sfugge. Lui ha occhi per tutti e soprattutto legge dentro, nel cuore, di coloro che osserva.
Sono tanti quelli che passano a gettare offerte nel tesoro: è un dovere per i fedeli israeliti fare offerte al tempio; sono il segno dell'amore a Dio, ai suoi sacerdoti, al suo tempio.
I ricchi fanno offerte pesanti, che si sentono quando cadono tintinnando. E poi vengono anche annunciate ad alta voce. Così si scatena una specie di gara, a dimostrazione della ricchezza che fa coppia con il potere; a dimostrazione della devozione e della generosità, che attendono poi ringraziamenti e riconoscimenti. Anche in certi nostri santuari ci sono lapidi con scritti i nomi dei ricchi offerenti. Resteranno in piedi le nostre pietre?
Poi passa quella scriteriata vedova: le sono rimasti due spiccioli per sopravvivere in giornata .. e li getta nel tesoro. Un'offerta risibile assolutamente inutile.
Eppure Gesù resta incantato da quella follia. Anche in lei fede e carità diventano miscela esplosiva, commuovono Dio. A fronte del disprezzo di tanti altri.
Ma forse, in lei, Gesù si rispecchia, la sente estremamente simile a sé. Sì, quella donna per noi scriteriata è immagine e profezia di un'altra offerta scriteriata: quella che Gesù farà di se stesso, sulla croce, per ridare vita alla moltitudine dei peccatori.
Anche di questa Parola di oggi occorre metterci in ascolto ... nonostante ci sembri scriteriata.


domenica 4 novembre 2018

Il segreto della felicità


GIOTTO, Il bacio di Gioacchino e Anna, Padova, Cappella degli Scrovegni

XXXI domenica tempo ordinario

Dt 6,2-6
Sl 17
Eb 7,23-28
Mc 12, 28-34

Ascoltare: radice e frutto dell'amore, e l'amore è l'unica felicità.

"Ascolta, Israele": premessa al più grande comandamento, l'unico, l'Amore.
Solo chi ascolta accoglie e comprende l'altro, sia uomo, donna o Dio. Solo chi ascolta entra in comunione con l'altro, comprende e apprezza ciò che l'altro pensa, desidera, comprende, ama. Impara a condividerlo. 
"Ascolta, Israele, così conoscerai il tuo Dio e imparerai a pensare e desiderare e amare come Lui, e sarai felice".

Pare proprio che la felicità di Dio dipenda dalla nostra. Egli ama parlarci, perché se impariamo a comprenderlo e a vivere secondo il suo pensiero e il suo amore, saremo felici.
Non è forse vero che ogni padre e ogni madre è felice, se i figli sono felici? Non è forse vero che ogni amante è felice se è felice l'amato o l'amata? La nostra felicità sta a cuore a Dio.

Forse ci stupisce che uno studioso, un esperto e un maestro della Scrittura chieda a Gesù quale sia il più grande comandamento. Si perdeva nel ginepraio di centinaia di norme che sembrava fossero necessarie per essere di Dio.
Gesù dà una risposta "elementare" di una semplicità... "divina". Perché "Dio è semplice, noi siamo complicati, perciò non capiamo Dio" mi disse un mio grande professore di filosofia, un francescano, un uomo di Dio.
E Gesù cita la Scrittura, scegliendo la Parola che le riassume tutte: "Ama Dio e l'umanità".
Veramente nella Scrittura i due termini di questo unico comando non sono insieme, sono in due libri diversi. Gesù li unisce in modo indissolubile.E' come un matrimonio - non stiamo parlando di amore? Non è forse l'umanità la sposa di Dio? Non è forse la Chiesa la sposa di Cristo? E ogni uomo e ogni donna non può amare Dio senza amare l'umanità, ma non saprà mai amare l'umanità - così affascinante e difettosa - senza amare Dio, la fonte incantevole dell'amore.
Gesù sposo dell'umanità peccatrice è il sacerdote dell'amore, perché fa di se stesso l'offerta perfetta a Dio, l'unica gradita, che salva, rende viva eternamente la sua sposa.
Forse proprio gli sposi che nell'amore di Dio gioiosamente e faticosamente si amano, si offrono reciprocamente, donano vita - sacerdoti dell'amore -, forse proprio loro sono l'icona più vera di Dio che ama e che educa all'amore, perché ci sogna felici.

giovedì 1 novembre 2018

Chi sono?


COSIMO ROSSELLI, Discorso della montagna e guarigione del lebbroso, 1482, Cappella Sistina

Solennità di tutti i santi

Ap. 7,2-4.9-14
Sl 23
1Gv 3,1-3
Mt 5, 1-12

Quelli che accettano di ricevere la felicità di Dio.
Quella felicità che vediamo espressa nella vita di Gesù di Nazaret. Quella che sgorga dalla consapevolezza di essere poveri e piccoli, ma eternamente amati; tribolati - chi non lo è o può aspettarsi di non esserlo? - ma eternamente amati; quelli che non cercano il potere e non usano prepotenza; che cercano appassionatamente la giustizia, che è la verità e l'amore di Dio; che offrono misericordia perché consapevoli di essere "misericordiati"; che hanno occhi limpidi di fanciulli capaci di godere della bellezza di Dio anche in mezzo alla polvere; che spendono la vita per diffondere quella pace che è l'opera del Padre; gli incompresi e perseguitati perché scelgono lo stesso amore e la stessa gioia del Cuore di Cristo.
Sono quelli che non si illudono di poter dare l'assalto a Dio, ma semplicemente lo ricevono in dono.
Dio è dono. Dono è l'Amore che unisce il Padre e il Figlio.
Dono è il battesimo che gratuitamente ci è stato donato, come gratuitamente siano stati messi al mondo.
Dono è la veste bianca che ci è stata data quel giorno. Che resterà bianca per la vita eterna, non perché siamo perfetti, ma perché sempre resa nuovamente candida dal sangue dell'Agnello, cioè dal sacrificio dell'amore, se accettiamo di passare attraverso la grande tribolazione, che è la lotta quotidiana a quel male che ci cerca, ci aggredisce, troppe volte ci attira. E solo la forza dell'amore crocifisso ci concede di vincere o di essere rigenerati quando perdiamo.
Chi sono i santi? Non sono gli eroi e tanto meno i super eroi. Non sono i perfetti irraggiungibili, uomini e donne di successo.
Siamo noi, i figli di Dio che è tre volte Santo e non si stanca di riversare l'acqua della sua santità nella nostra vita.
Dio è Santo, perché è Amore. Noi siamo santi se accogliamo questo Amore, l'unico che ci rende capaci di essere amabili e amanti in questo mondo e nell'altro. L'unico che ci rende eternamente uniti con coloro che amiamo e ci amano, anche se non camminano più su questa terra.
L'unico che rende santi i peccatori; amabili anche coloro che nessuno amerebbe. L'unico Amore che ci rende Figli di Dio, come Gesù. Felici della sua felicità di uomo pienamente realizzato, nella povertà e nella tribolazione, nella mitezza e nella misericordia, nella verità e nella fame di giustizia,  nella lotta per amare a qualunque costo; nella croce e nella risurrezione. 
"Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli". E i cieli sono il Cuore di Dio nel quale già viviamo. "Dopo" sarà la pienezza.