Bartolomé Esteban Murillo, L'Immacolata, 1678
“Ho avuto paura, perché sono nudo e mi sono nascosto”.
La nostra condizione: nudi e
vergognosi. Ci vergogniamo di noi stessi, e degli altri, e di Dio. Ed è
guerra.
E solitudine. E prigione.
Eppure nudi siamo nel seno di una madre. E nudi veniamo
accolti dalle sue braccia. E rivestiti di amore.
C’è un abito che desideriamo e cerchiamo allo spasimo. Un
abito che vinca la vergogna e la solitudine e la prigione.
Lo stesso Creatore viene a cercarci: “Dove sei?”. Il
desiderio e l’apprensione di una domanda che, da sola, vince la vergogna e la
nudità. Ci snida. Come in un parto. E ci consegna a una Donna. Alla quale Lui
stesso si consegna come figlio, nudo. Dio vestito unicamente della carne della
Donna. Come ciascuno di noi.
Donna nuova, uscita dal cuore di Dio, come la prima donna
era uscita dal cuore dell’uomo. Donna nuova, madre di una Umanità nuova. Donna
vestita di sole, non più snudata dal peccato. Donna luminosa, non più nascosta
nell’oscurità. Donna che dà carne all’Uomo nuovo, non più nata dalla carne dell’uomo
vecchio.
Donna, creazione nuova, non più sedotta schiava dalla
menzogna, ma Regina vittoriosa, Serva della Verità dell’Amore.
Donna che veste di carne il suo Creatore e da Lui è vestita
di Bellezza.
Donna che non conosce più la vergogna, né la paura. Ma umile
e adorante si consegna al Mistero della Vita.
L’Amore del Creatore Padre viene a vestirci nell’Amore della
Donna Madre. Immacolata.
In Lei ci è aperto il mistero di un progetto che vuole anche
noi, suoi figli, immacolati nell’amore.
L’abito nuovo per noi è il suo stesso Figlio, che lei ha
vestito di se stessa.
Padre Creatore, Figlio Salvatore, Spirito Amore: siete una
meraviglia, ma…. siete Dio… e noi no. E l’incontro resta difficile, addirittura
“inappetibile”, lo sapete anche voi. Ci sentiamo in esilio.
Davanti a Dio che ci cerca, ci è sempre più facile voltarci
altrove, o nasconderci. Troppo grande l’abisso tra te, Dio, e noi.
E lo sai. Perciò superasti l’abisso, già all’inizio, con l’annuncio
della Donna della Vittoria, Donna della fedeltà. E colmasti l’abisso in quel
giorno in cui bussasti alla casa di Maria di Nazaret e ti inchinasti a chiedere
di entrare nella sua carne, di fanciulla non nascosta nella vergogna di una
superbia sconfitta, ma nell’umile immacolata verità. In attesa di Giuseppe suo
sposo. E nell’amore totale di lui, lei poté vivere la pienezza del tuo amore,
che la rese madre. Di tuo Figlio, e nostra.
No, tu non ti offendi, Dio, se il volto di questa Donna che
ci dai come Madre, ci attira, ci incanta, ci innamora, ci colma di gioia e di
speranza. Posso dirlo? Più del tuo, perdonami. Anche tu hai preso un volto d’uomo,
in lei. E di solito facciamo fatica a riconoscerti come uomo e anche come Dio.
Sì, facciamo sempre un po’ di confusione… Crediamo in te, ma….
Insomma, lei è creatura, è come noi, una di noi. Questo è il
progetto tuo che ci sbalordisce e innamora. È creatura, è una di noi. Ed è tua
Madre. E anche nostra.
Sì, sul suo volto noi contempliamo la Bellezza, la
Piccolezza vittoriosa, la Grandezza umile, la Santità gioiosa, l’Amore
immacolato. Tutto ciò che sogniamo. Tutto ciò di cui siamo assetati e affamati.
E lei, Maria di Nazaret, Immacolata, è la certezza che, poiché
ce l’hai data per madre, il tuo progetto su di lei vale anche per noi.
E senza questa sua festa, non sapremmo fare festa neanche a
Natale.
Nel volto di questa meravigliosa Donna nostra Madre noi
scorgiamo con immenso stupore e inaudita gioia i chiari lineamenti del tuo
Volto, o Padre, o Figlio, o Spirito, Trinità d’amore, che non ti vergogni di
noi e in lei ci rivesti della tua Bellezza.