domenica 18 giugno 2017

Spiazzati dall'esagerazione


PHILIPPE DE CHAMPAIGNE, Ultima cena, 1602


Solennità del Corpo e Sangue del Signore
Dt 8,2-3.14-16
Sal 147
1Cor 10,16-17
Gv 6,51-58


Già. A me sembra che l’Eucaristia sia l’esagerazione di Dio. E forse proprio per questo non ci crediamo molto. Anche perché in questioni di religione, come in tante altre cose, ci sentiamo noi protagonisti. Insomma siamo noi che diciamo a Dio di cosa abbiamo bisogno e che cosa dovrebbe fare, quando vogliamo incontrarlo, pregarlo e quando non ce la sentiamo.  Perché la religione è una questione sociale, qualcosa che l’umanità si dà e gestisce. La religione è qualcosa che facciamo noi, cioè ci diamo degli idoli. Il più delle volte la nostra religione è l’idolatria: Dio a nostra immagine e a nostro servizio.
Gesù di Nazaret, invece, come già il Dio di Abramo e di Mosè, sfugge e sovverte le regole di una religione prodotta dal pensiero e dai bisogni umani. Gesù di Nazaret, che si dice Figlio del Dio di Abramo, è una persona, non il prodotto delle nostre menti e delle nostre arti. E ci si presenta come unica possibilità di vita vera per gli uomini e le donne di ogni tempo. Dice di essere la vita. E in quanto tale ama esageratamente e si dona esageratamente a coloro – tutti – che sono segnati dal limite della morte, di ogni forma di morte. Non ci chiede il parere. Non ci chiede neppure se sentiamo di avere bisogno di tanto amore e di tanto dono.
A dire la verità, tanta è la sua determinazione nell’offrirci questo dono esagerato, nell’insistere perché accettiamo di riceverlo, che forse la verità più vera e impensabile è che l’esagerazione assoluta sia il suo desiderio incommensurabile e incomprensibile di donarsi a noi, di condividere con noi quella pienezza di vita che gli appartiene. Spero di non esagerare anch’io, ma a me pare che abbia più bisogno lui di amarci di quanto noi sentiamo il bisogno di essere amati. Infatti facilmente noi facciamo a meno di incontrarlo e di mangiarlo, ma Lui non fa mai a meno di diventare carne e pane e sangue e vino per legarsi indissolubilmente a noi.
“Io sono il pane vivo disceso dal cielo”. Per Israele il pane vivo è la Parola di Dio, alimento indispensabile per la vita umana. Ma quella Parola, ci viene annunciato nel Vangelo, si è fatta carne, in Gesù.In quella carne è passato attraverso la morte ed è risorto. La sua carne è viva, per sempre vivificata dallo Spirito. Perciò lui, Dio fatto carne, è il pane vivo. Perciò può insistere: “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Da qui il suo desiderio di essere mangiato da noi, per rimanere in noi e perché noi rimaniamo in lui. Insomma non si tratta altro che di diventare una sola carne con lui, come gli sposi. Già. Tutto il desiderio incontenibile di Gesù non è altro che quello di amarci in un rapporto sponsale totalizzante.
E ciò che ci spiazza è proprio l’esagerazione di non lasciarsi condizionare o ostacolare da nulla. Neanche dalla nostra superficialità, incomprensione, distrazione o peccato. Di fronte alla sua decisione assoluta di farsi nostro cibo, di condividere pienamente la sua vita con noi, di amarci senza limiti, noi spesso siamo attratti da altri interessi e altri bisogni, crediamo che non sia così indispensabile mangiare il suo pane, ci sentiamo indegni, impreparati, disturbati, non ci sentiamo nella disposizione giusta…
E lui non si stanca da secoli, in ogni angolo della terra, di ripetere: “In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Testardo e esagerato questo Dio fatto carne e pane, Gesù di Nazaret.

Quando per la prima volta disse quelle parole ai suoi discepoli, c’erano Pietro e Giovanni e Giuda Iscariota e tutti gli altri. Un terribile disagio li assalì. Incapaci di comprendere l’amore, quello senza condizioni e senza misura. Esattamente come noi. Poi quell’annuncio divenne realtà nell’ultima cena, prima della sua passione, nella notte del tradimento. E forse vissero un disagio più doloroso. Non ci capirono più nulla. Ma a lui non interessava che capissero. A lui interessa solo donarsi, e che noi accettiamo il dono. E così anche la nostra vita, con tutto il suo limite, nutrendosi della Parola fatta Carne e Pane, può cominciare e ricominciare a diventare dono, pane spezzato, servizio, annuncio e testimonianza di amore.