PHILIPPE DE CHAMPAIGNE, Ultima cena, 1602
Solennità del Corpo e Sangue del Signore
Dt 8,2-3.14-16
Sal 147
1Cor 10,16-17
Gv 6,51-58
Già.
A me sembra che l’Eucaristia sia l’esagerazione di Dio. E forse proprio per
questo non ci crediamo molto. Anche perché in questioni di religione, come in
tante altre cose, ci sentiamo noi protagonisti. Insomma siamo noi che diciamo a
Dio di cosa abbiamo bisogno e che cosa dovrebbe fare, quando vogliamo
incontrarlo, pregarlo e quando non ce la sentiamo. Perché la religione è una questione sociale,
qualcosa che l’umanità si dà e gestisce. La religione è qualcosa che facciamo
noi, cioè ci diamo degli idoli. Il più delle volte la nostra religione è l’idolatria:
Dio a nostra immagine e a nostro servizio.
Gesù
di Nazaret, invece, come già il Dio di Abramo e di Mosè, sfugge e sovverte le
regole di una religione prodotta dal pensiero e dai bisogni umani. Gesù di
Nazaret, che si dice Figlio del Dio di Abramo, è una persona, non il prodotto
delle nostre menti e delle nostre arti. E ci si presenta come unica possibilità
di vita vera per gli uomini e le donne di ogni tempo. Dice di essere la vita. E
in quanto tale ama esageratamente e si dona esageratamente a coloro – tutti –
che sono segnati dal limite della morte, di ogni forma di morte. Non ci chiede
il parere. Non ci chiede neppure se sentiamo di avere bisogno di tanto amore e
di tanto dono.
A
dire la verità, tanta è la sua determinazione nell’offrirci questo dono
esagerato, nell’insistere perché accettiamo di riceverlo, che forse la verità
più vera e impensabile è che l’esagerazione assoluta sia il suo desiderio
incommensurabile e incomprensibile di donarsi a noi, di condividere con noi
quella pienezza di vita che gli appartiene. Spero di non esagerare anch’io, ma
a me pare che abbia più bisogno lui di amarci di quanto noi sentiamo il bisogno
di essere amati. Infatti facilmente noi facciamo a meno di incontrarlo e di
mangiarlo, ma Lui non fa mai a meno di diventare carne e pane e sangue e vino
per legarsi indissolubilmente a noi.
“Io
sono il pane vivo disceso dal cielo”. Per Israele il pane vivo è la Parola di
Dio, alimento indispensabile per la vita umana. Ma quella Parola, ci viene
annunciato nel Vangelo, si è fatta carne, in Gesù.In quella carne è passato attraverso la morte ed è risorto. La sua carne è viva, per sempre vivificata dallo Spirito. Perciò lui, Dio fatto carne,
è il pane vivo. Perciò può insistere: “Se uno mangia di questo pane vivrà in
eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Da
qui il suo desiderio di essere mangiato da noi, per rimanere in noi e perché
noi rimaniamo in lui. Insomma non si tratta altro che di diventare una sola
carne con lui, come gli sposi. Già. Tutto il desiderio incontenibile di Gesù
non è altro che quello di amarci in un rapporto sponsale totalizzante.
E
ciò che ci spiazza è proprio l’esagerazione di non lasciarsi condizionare o
ostacolare da nulla. Neanche dalla nostra superficialità, incomprensione,
distrazione o peccato. Di fronte alla sua decisione assoluta di farsi nostro
cibo, di condividere pienamente la sua vita con noi, di amarci senza limiti,
noi spesso siamo attratti da altri interessi e altri bisogni, crediamo che non
sia così indispensabile mangiare il suo pane, ci sentiamo indegni, impreparati,
disturbati, non ci sentiamo nella disposizione giusta…
E
lui non si stanca da secoli, in ogni angolo della terra, di ripetere: “In
verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e
non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e
beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Testardo e esagerato questo Dio fatto carne e pane, Gesù di Nazaret.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Testardo e esagerato questo Dio fatto carne e pane, Gesù di Nazaret.
Quando
per la prima volta disse quelle parole ai suoi discepoli, c’erano Pietro e
Giovanni e Giuda Iscariota e tutti gli altri. Un terribile disagio li assalì.
Incapaci di comprendere l’amore, quello senza condizioni e senza misura.
Esattamente come noi. Poi quell’annuncio divenne realtà nell’ultima cena, prima
della sua passione, nella notte del tradimento. E forse vissero un disagio più
doloroso. Non ci capirono più nulla. Ma a lui non interessava che capissero. A
lui interessa solo donarsi, e che noi accettiamo il dono. E così anche la
nostra vita, con tutto il suo limite, nutrendosi della Parola fatta Carne e
Pane, può cominciare e ricominciare a diventare dono, pane spezzato, servizio,
annuncio e testimonianza di amore.
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