L’inizio del Vangelo di Luca è collocato nel tempio di
Gerusalemme e il primo personaggio che vi si incontra è un sacerdote che sta
svolgendo il suo ufficio, un’azione liturgica. A quest’uomo, sacerdote, il
messaggero annuncia la Parola di Dio. Ma resta deluso, non trova una risposta
di fede, l’accoglienza della fede. Nel luogo sacro, nel suo tempio, Dio non
trova fede, nel cuore e sulle labbra del suo sacerdote.
Delusione cocente per Dio, tanto che decide di traslocare.
Di cambiare sistema. Di fare una vera rivoluzione.
Da Gerusalemme, cuore della nazione, si sposta in periferia,
in un paese sconosciuto. Dal tempio, cuore della città, della fede, del culto,
luogo sacro per eccellenza, unico tempio dell’unico Dio, che lui stesso ha
voluto, si sposta in una semplice casa, di un paese di periferia. E invece di
cercare ancora un sacerdote a cui parlare (a chi parla Dio se non ai
sacerdoti?), parla a una donna! C’è da sospettare che chi scrive – il medico
Luca, discepolo di Paolo – si sia sbagliato. E più si va avanti a leggere il
suo Vangelo, più ci si accorge che … è uno scandalo! Dal momento che Dio entra
nella casa di Maria di Nazaret, la sua casa è… la carne, il ventre di quella
donna. La carne di Maria di Nazaret diventa la carne di Dio, il nuovo
tempio. Lo dirà suo Figlio, il Figlio di
Dio. Dirà che il suo corpo, preso dal ventre di Maria, è il tempio, che
sacerdoti e capi del popolo, con la complicità dei violenti romani, potranno
anche distruggere, ma in tre giorni risorgerà… e resterà in eterno! Già, pare
che il Vangelo di Giovanni e la sua Apocalisse vadano molto d’accordo con il
Vangelo di Luca. Un segno grandioso vede Giovanni nella sua Rivelazione: una
donna incinta, partoriente. La nuova arca dell’alleanza, sacramento di Dio.
RUBENS PIETER PAUL, La donna dell'Apocalisse
Ma quel primo capitolo del Vangelo di Luca non finisce di
stupirci. La rivoluzione continua.
Maria, incinta, da Nazaret va fino a casa della sua parente
Elisabetta, moglie del sacerdote incredulo, diventato muto. C’è parola là dove
non ci sia accoglienza della Parola? Va per compiere un servizio, ci si
insegna. Aveva detto lei stessa di essere la serva del Signore e, tanto che c’è,
fa anche la serva a Elisabetta. E cresce la retorica, nella festa dell’Assunta,
sul servizio di Maria, sull’umiltà di Maria, che si pone a servizio esattamente
come farà Gesù nel lavare i piedi dei discepoli. Tutto vero: per i seguaci di
Gesù, servire è regnare. Però, nel suo Vangelo, Luca si scorda di dire che
Maria ha lavato, stirato, cucinato, fatto le pulizie… perché Elisabetta è
vecchia, incinta… poveretta come avrebbe fatto senza Maria? Pare che per Luca
il servizio di Maria sia un altro. È un servizio divino. È il servizio “liturgico”,
ma laicale, che il sacerdote non è più capace di offrire. Ormai Dio si rende
presente attraverso la carne di una donna incinta, gravida della fede assoluta
nella Parola ricevuta. Attraverso Maria incinta, entra Dio in casa di Zaccaria
e Elisabetta. E la prima ad accorgersi di questa gloria nascosta e abbagliante
è proprio Elisabetta, l’altra donna incinta. E parla, questa donna. Ma non
parla da sé. Profetizza, dopo aver ascoltato il suo ventre, là dove il bambino
si è messo a danzare dalla gioia, come Davide davanti all’arca dell’alleanza.
Nel ventre di Maria c’è Dio e il bambino nel ventre di Elisabetta lo riconosce
e lei profetizza. Pare proprio che Dio stia esagerando.
ARCABAS, Visitazione
Ed esagera ancora di più. “Beata colei che ha creduto nell’adempimento
di ciò che il Signore le ha detto!”.
Chissà se è lì Zaccaria, lì, ad ascoltare la moglie, ma
questa è una sberla secca sulla sua bocca muta. È stato lui a non credere all’adempimento
di ciò che il Signore le aveva detto, là nel tempio. Mentre quella donna di
periferia ha creduto. E ora Dio sta parlando per bocca di donne incinte. E
pensare che, dopo aver partorito, saranno considerate impure: povero Dio, il
più delle volte frainteso, inascoltato, incompreso… tradito, da chi crede di
essere esperto e autorizzato a interpretarlo!
Eccolo il servizio vero di Maria, in casa di Elisabetta.
Avrà anche lavato, cucinato, pulito… ma il servizio vero, per cui Dio le ha
messo in cuore la volontà di viaggiare fino a casa di Elisabetta, è la
profezia, l’annuncio dell’amore di Dio che lei canta danzando:
"L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre".
Il canto di una rivoluzione divina, che mette i brividi e
inebria.
Allora dobbiamo chiederci chi festeggiamo oggi: la
verginella umile sottomessa e servizievole, che non ha mai pensato altro che a
fare la mamma casalinga devota, o la Donna vestita di sole, guerriera
vincitrice, per la sua fede e per l’amore di Dio, sulle forze del male e del
potere, che grida partorendo il grido d’amore e vittoria della Croce del Figlio?
Il grido del parto è il grido del suo vero servizio, che annuncia l’amore. Il grido
del suo ventre aperto, segno grandioso della dignità della donna, da cui Dio
parla. Come il segno grandioso del fianco aperto del Figlio. Segno grandioso
del parto d’amore che è la dignità di Dio, unica gloria di ogni donna e di ogni uomo.